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Valerio Binasco e il Don Giovanni, a teatro l'antieroe dei nostri giorni

(Foto di Donato Aquaro)

A Udine arriva il Don Giovanni istintivo, carnale, irriverente di Valerio Binasco, spettacolo teatrale tratto dal capolavoro di Molière in prima regionale al Giovanni da Udine.

Lo spettacolo

Da Tirso de Molina fino a Molière e a Mozart, la figura leggendaria del seduttore, libertino ed eroe-criminale solitario non ha conosciuto declino e, ora, ritorna nuovamente in scena mostrandoci la sua assoluta modernità. Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Torino, vedrà protagonisti sul palco Gianluca Gobbi nel ruolo del titolo, Sergio Romano (Sganarello) e Giordana Faggiano (Elvira).

L'incontro con il pubblico

Anche per questo spettacolo, in programma il tradizionale appuntamento con "Casa Teatro" dal titolo "I Rapaci". La compagnia dello spettacolo incontrerà il pubblico nel foyer mercoledì 27 febbraio alle 17:30. La serata sarà condotta da Roberto Canziani e parteciperà l'esperta d'arte Alma Maraghini Berni.

L'opera

Valerio Binasco affronta ancora una volta un testo classico puntando l’attenzione sul Don Giovanni di Molière, commedia scritta nel 1665 in polemica contro la morale ipocrita dei benpensanti. Abbandonate le vesti del libertino elegante e del cinico uomo di mondo, il Don Giovanni di Binasco si fa istintivo e carnale, suscita disapprovazione e odio, non conosce morale e si dimostra del tutto immune al senso di colpa, al pudore e al rispetto. Tatuaggi, anfibi e sguardo irriverente, è lontano - anzi lontanissimo - dalla figura del seduttore tramandataci dalla letteratura e soprattutto è dannatamente attuale. Simbolo non soltanto dei trionfi e delle ceneri dell'eros, ma anche della rivolta della libido contro le remore della teologia, la figura di Don Giovanni compare per la prima volta nel dramma di Tirso de Molina El burlador de Sevilla y Convidado de piedra (1616) ma è con Molière che acquisisce spessore e si traduce in mito della letteratura europea. Il 1665 è l’anno di una nuova offensiva del drammaturgo francese contro la morale dei benpensanti, cui seguirà una nuova, violenta risposta da parte del “partito dei devoti”. L’occasione si presenta con la sua nuova opera teatrale, Don Giovanni, che riprende il tema della religione già affrontato nel Tartufo. La commedia, in cinque atti in prosa, è strutturata in modo tale da far convergere tutte le scene sulla figura del protagonista. Molière seziona il tema della religione e della sua funzione nella morale e nella società. Il suo libertinaggio non è che una declinazione estrema della ricerca di libertà: anche nel momento in cui tale ricerca sfocia nell’ateismo e nella blasfemia non contraddice mai la figura dell’eroe-criminale solitario, che orgogliosamente osa portare la sua sfida anche contro Dio. La difesa dei principi della religione e delle verità della fede viene assunta da Sganarello, servitore ridicolo, che svilisce gli argomenti che tocca, inducendo a una caricaturale confusione tra religione e superstizione. Neanche la figura del Convitato di pietra, né il finale morale imposto dalla tradizione, riescono a riequilibrare la propensione degli spettatori verso l’immagine del libertino, immorale ed empio.


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